Brevi stralci da poemi e cicli |
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In luogo di prefazione Negli anni terribili della ežóvščina [nota 1] ho passato diciassette mesi in fila davanti alle carceri di Leningrado. Una volta qualcuno mi “riconobbe”. Allora una donna dalle labbra livide che stava dietro di me e che, sicuramente, non aveva mai sentito il mio nome, si riscosse dal torpore che era caratteristico di noi tutti e mi domandò in un orecchio (lì tutti parlavano sussurrando):
Leningrado, primo aprile 1957. [...] III. No, non sono io, è qualcun altro che soffre. [...] VII. La sentenza E sul mio petto ancora vivo Estate 1939. Casa della Fontanka. [...] |
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Da Frantumi [...] V. Me, come una belva uccisa, [...] |
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Da La rosa di macchia fiorisce [...] Nella realtà Via il tempo, via lo spazio, [...] Quasi in un album Sentirai il tuono e mi rammenterai, 1961-63 [...]
Il primo grosso calibro su Leningrado E nel variopinto tran tran della folla [...] 1.[nota 2] 2. 1942 [...]
[...] Sono stata via settecento anni Verrò ancora. Fiorisci, siepe, [...]
[...] 5. [registrazione audio] 1940 [...] |
Note al testo Nota 1: Anni del terrore staliniano durante i quali il commissario del popolo agli Interni era Nikolaj Ivanovič Ežov. [Torna al testo] Nota 2: Questi versi piangono la morte di uno dei due bambini figli di vicini della Casa della Fontanka, al quale l’Achmàtova era particolarmente legata: Val’ja Smirnov, perito
durante un bombardamento della città. Alcune edizioni della lirica recano infatti una dedica al bimbo. |
Bibliografia |
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